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Romano di Roma

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Originale inglese

Sono romano, nato e vissuto a Roma. Alcuni dei miei antenati, diversi secoli fa, erano già romani.

Dovrei quindi essere un romano autentico, anche se dosi di sangue “barbarico” mi scorrono sicuramente nelle vene, sangue germanico, forse, ma soprattutto gallo-ligure, della regione alpina occidentale.

La mia lingua madre è l’italiano, idioma non troppo diverso dal latino parlato dalla gente comune ai tempi del tardo Impero Romano.

Il motivo per cui mi sforzo di comunicare in inglese – una lingua nordica che non padroneggio al 100%, mi dà un po’ freddo al cuore ma trovo ricca, fascinosa – è che la varietà mi eccita come una droga e sono stanco di comunicare solo con i connazionali, per cui la lingua franca del mondo spero possa aprirmi a un più vasto scambio di idee.

Perché questo blog

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Un motivo, come ho detto, è la più ampia comunicazione.

Ma come può un romano di oggi “parlare al mondo”?

[che frase pomposa, se non ci fosse il Web a renderla meno tale]

Credo sia un grande privilegio essere nati e cresciuti quaggiù, un posto talmente straordinario che qualcosa dovrà pur esser “passato”, qualcosa di distintivo e che valga la pena di trasmettere, per potere, a nostra volta, ricevere.

Spero in un dialogo con occidentali e non occidentali, perché Roma e noi romani, nonostante i difetti (tanti), abbiamo una natura universale e mediatrice che ci proviene dal Mediterraneo.

Roma per certi aspetti è più mediterranea che europea.

Ciononostante, già universale all’epoca degli antichi Romani, essa ha continuato ad esserlo come centro religioso, come La Mecca o Gerusalemme. Roma, dunque, va ben oltre l’Europa (*).

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La religione non sarà però un argomento centrale (a parte le religioni antiche), perché pur nutrendo un rispetto profondo per ogni fede personalmente non ne ho alcuna, essendo agnostico.

Mi piace quasi in un gioco immaginarmi simile a quei Romani del passato che contavano principalmente sulla ragione e sulla conoscenza (i seguaci di Epicuro, Ἐπίκουρος, un esempio tra i tanti possibili).

Tre ragioni di un’unicità

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Ere sono ormai trascorse da quando questa grande città non è più la capitale del mondo conosciuto, tale ruolo essendo oggi svolto da New York, o da Londra, chi lo sa.

Roma è però unica in primo luogo perché “fra tutte le più grandi città del mondo antico – Ninive, Babilonia, Alessandria, Tiro, Atene, Cartagine, Antiochia – è la sola che abbia continuato ininterrottamente ad esistere, mai ridotta a villaggio semi abbandonato, anzi, trovandosi spesso al centro di avvenimenti di portata mondiale e pagandone altrettanto spesso il prezzo (**)”.

In secondo luogo, il che è ancora più importante, Roma è la città dell’anima (così l’hanno sentita Byron, Goethe e Victor Hugo), è la città della nostra autentica anima occidentale, poiché l’Europa e l’Occidente sono stati plasmati qui e queste radici sono sacre – per me certamente, e credo e spero per la gran parte di noi.

Tali radici andrebbero riscoperte per poterci aprire agli altri con nuovo spirito di humanitas e di conciliazione (due componenti essenziali della mente romana eterna).

Dobbiamo insomma, noi dell’Occidente, incoraggiare atteggiamenti nuovi che ci permettano di meglio affrontare sia l’attuale crisi di valori sia i cambiamenti radicali che incombono e che potrebbero causare un nostro rapido declino.

Roma, infine, la città eterna, è unica essendo anche una delle più belle città del mondo, se non la più bella.

Al di là delle testimonianze imperiali, dei grandi spazi urbani e piazze, veramente meravigliosi, anche vicoli e piazzette emanano quell’ “aura sacra” che proviene dai millenni e a cui la gente di tutto il mondo, in misura crescente, porge il suo tributo.

La capitale dei nostri amati e civilizzati cugini francesi, Lutetia Parisiorum (così i Romani chiamavano Parigi, dai Parisii, tribù dei Galli Senoni) non era che un villaggio fino all’anno 1000 dopo Cristo. “Millesettecento anni meno di Roma. Si sentono, e si vedono”. (***)

Frammenti inviati in una bottiglia

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Frammenti sparsi di un’identità speciale inseriti in una bottiglia e lanciati nel Web: questa sarà l’attività del blog.

Il latore del messaggio non conta nulla rispetto alla grandezza della sorgente e di un ingrediente che lo stesso latore potrebbe, volente o nolente, possedere: l’esser cioè, chissà, una sorta di fossile di un passato che certo è morto ma che è anche, enigmaticamente, vivo in molti di noi italiani.

Ammettiamolo. In aree centrali e soprattutto meridionali del nostro paese persistono abitudini, mentalità (e altri aspetti della cultura) che lasciano perplessi non pochi stranieri: residui storici i cui svantaggi nei confronti della modernità sono evidenti. Si tratta solo di svantaggi?

In conclusione

Questo e tanti altri temi verranno discussi da un romano quasi 60enne (2014: 66enne) le cui conoscenze si collocano a un livello intermedio, con interfacce verso gli strati superiori e inferiori della cultura.

Egli spera di trasmettere qualcosa di utile agli altri (e a se stesso) avendo insegnato Storia Antica e Letteratura per 16 anni per poi volgersi, negli ultimi 14 anni, all’ingegneria dei sistemi e alla formazione aziendale.

Egli si augura che Internet lo aiuti a rispolverare gli interessi umanistici, il che desta affanno con gli impegni e gli anni che avanzano (per non parlare della follia del doppio blog, in inglese e in italiano).

ψ

Se non la profondità della conoscenza, egli potrebbe tuttavia godere di un plus (ancora da dimostrare) nei confronti di commentatori stranieri sia pur cresciuti in aree un tempo province dell’impero romano.

Il plus dell’esser testimone di quaggiù.

Il vantaggio di essere un “romano di Roma”.

 

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